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Dai Customer Needs ai Job to be done

Scritto da: Rachele Soliera
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Dai Customer Needs ai Job to be done

Se chiedi ad un venditore se sa cosa siano i Job to be done, probabilmente la sua risposta è no!

In effetti il concetto di Job to be done non è molto diffuso tra le reti di vendita.

Intendiamoci, tutti i corsi di vendita mettono in primo piano la comprensione dei customer needs, ovvero dei bisogni dei clienti, ma sono rarissimi quelli che utilizzano il concetto dei Job to be done per spiegarli.

Personalmente ho iniziato a sentirne parlare 5/6 anni fa, quando mi sono avvicinata e certificata in metodologie di facilitazione agili e Human-centered come il Design Thinking e il Business Design, e appena ne ho compreso la potenza l’ho immediatamente integrato all’interno dei miei training di vendita.

Letteralmente Job to be done si traduce con “i lavori che devono essere fatti”, ovvero tutto ciò che il nostro cliente deve fare per portare avanti la sua attività, per risolvere i suoi problemi, per approfittare delle opportunità, per soddisfare le sue esigenze e raggiungere i suoi obiettivi personali e professionali.

I Jobs to be done ci aiutano a rispondere ad una semplice ma al contempo complessa domanda: “What’s In It For Me” (letteralmente “Che cosa ne viene a me?”), ovvero: “l’offerta che mi stai proponendo risponde ai miei bisogni? Mi aiuta a portare avanti il mio lavoro? Mi aiuta a raggiungere i miei obiettivi? Mi aiuta a risolvere i miei problemi?

Troppo spesso ci dimentichiamo che i nostri clienti comprano solo se siamo in qualche misura “utili” per il loro business, per la loro professione, per la loro vita privata.

I Jobs to be done, che solo per semplicità chiameremo bisogni, ci aiutano a comprendere meglio i nostri clienti, ad esplorare più in profondità la nostra conoscenza, fino a farci connettere con le motivazioni spesso non esplicitate chestannodietro le loro richieste, le loro obiezioni o addirittura i loro rifiuti.  

I Job to be done possono essere suddivisi in 3 macro-blocchi: funzionali –sociali – emotivi

Bisogni Funzionali (Functional Needs). Sono quelli che “mi aiutano a fare le cose”. Sono quelli più legati al business e al successo dell’azienda (es.: guadagnare, aumentare i margini, conquistare quota di mercato, far funzionare l’organizzazione, aumentare la produzione, diminuire i costi, ridurre i rischi, ecc.)

Bisogni Sociali (Social Needs). Sono quelli che “mi fanno apparire bene agli occhi degli altri”. Riguardano la sfera sociale, ovvero come i clienti vogliono essere percepiti dagli altri, dal mercato, dai loro stakeholders (es: conquistare il proprio target, essere amati, essere riconosciuti per i propri valori, definire la propria immagine, creare loyalty, ecc.)

Bisogni Emotivi (Emotional Needs). Sono quelli che “mi aiutano a stare bene”. Appartengono alla sfera più personale ed emotiva e dipendono molto dalla personalità del nostro interlocutore (es: essere riconosciuto; fare carriera; avere tutto in ordine; pianificare; tenere tutto sotto controllo; ridurre i rischi; avere uno scopo, dei valori; senso di appartenenza; essere autonomo)

Ovviamente i nostri clienti hanno più Job da dover soddisfare e non tutti hanno la stessa importanza. Alcuni possono essere più significativi per il loro lavoro o per la loro vita privata, perché il non portarli a termine potrebbe comportare delle conseguenze serie. Altri potrebbero essere importanti per il business, per il lavoro che svolgono e per gli obiettivi che devono raggiungere, ma meno coinvolgenti da un punto di vista personale, emotivo: “fare bella figura di fronte agli altri” potrebbe essere più importante che trovare una grande soluzione tecnica che aiuti a portare a termine il job.

Quindi la prima cosa da fare per poter vendere i nostri prodotti/servizi è quella di scoprire quali sono i JTBD dei nostri clienti e fare in modo che la nostra proposta risponda in modo puntuale a quei bisogni specifici.

Ecco alcuni spunti:

Ma come fare a scoprire i JTBD dei nostri clienti?

  1. Adottare il mindset della curiosità! Dobbiamo essere curiosi verso tutto ciò che riguarda il nostro cliente. Dobbiamo vestire i suoi panni, guardare con i suoi occhi, sentire con le sue orecchie. Avere un sincero interesse nel voler scoprire di più.
  2. Cambiare prospettiva. “Non è il sole che gira intorno alla terra … è la terra che gira intorno al sole”. E se la terra siamo noi e il sole è il cliente, appare ovvio che non possiamo continuare a rimanere concentrati su noi stessi. Il numero dei fornitori/aziende che offrono prodotti/servizi simili se non uguali ai nostri, che mediamente un buyer deve gestire è estremamente elevato. Questo significa che se non siamo in grado di differenziarci dalla massa in modo da interessare il cliente rispondendo alla famosa domanda “What does it fit for me”, l’unico terreno di incontro/SCONTRO sarà il prezzo. Dovete quindi dimenticare momentaneamente quello che state vendendo/offrendo e pensare ai diversi modi con i quali il vostro cliente/interlocutore può soddisfare il suo bisogno al di là di voi.   
  3. Mappare la conoscenza. Il venditore per definizione conosce molte cose del proprio cliente, ma spesso ne utilizza una percentuale bassissima per sviluppare proposte che siano in grado realmente di interessare il cliente. Inoltre, per molte informazioni si conoscono solo i “titoli”, ovvero la parte più generica, superficiale, e meno frequentemente anche il resto dell’articolo. La conoscenza è un bene prezioso. È considerata la leva più importante che dà o toglie potere alla negoziazione e più in generale al rapporto negoziale. La conoscenza va quindi mappata e organizzata per “capitoli” (es: Struttura organizzativa; Centro decisionale; Dati Finanziari; Storia/Vision/Goals; Info sul Buyer; ecc). Mappare la conoscenza inoltre ci aiuta ad individuare i “buchi”, ovvero quali sono le informazioni mancanti o che è necessario approfondire.
  4. Analizzare il “Perché”. Abbiamo detto che un problema che si può verificare quando facciamo i conti con la nostra conoscenza è confondere i titoli dal contenuto dell’articolo, e quindi accontentarci di una comprensione superficiale del “job”. Per evitare questo dobbiamo metterci in modalità bambini e chiederci “perché”. Perché un cliente può volere e/o dovere svolgere un determinato job?  Facciamo un esempio: se un mio cliente insiste per ottenere un’attività promozionale all’interno dei suoi punti vendita è perché deve coprire un buco lasciato da un altro fornitore o è perché pensa che grazie al mio prodotto potrà attrarre più consumatori? Capite bene che comprendere qual è la motivazione sta dietro questa richiesta può darci degli spunti interessanti su come condurre la trattativa.
  5. Definire la strategia. Una volta organizzate le informazioni in nostro possesso è importante definire una strategia per capire da una parte come ottenere le informazioni mancanti, che potrebbero riguardare degli argomenti sensibili, e dall’altra come utilizzare le informazioni per rendere la presentazione della nostra proposta più efficace e in linea con le aspettative e i bisogni del nostro cliente. Quindi quando organizzate l’incontro con il cliente, oltre a fissare degli obiettivi commerciali, definite anche obiettivi di “conoscenza”. Non bisogna sottovalutare il fatto che molte informazioni, oggi come mai prima, possono essere recuperate facendo un buon lavoro di ricerca on line (siti web, social, articoli, ecc.), anche se è sempre bene successivamente confermare direttamente con il cliente la veridicità di quello che abbiamo scoperto su di lui come persona (LinkedIn per questo è un’ottima fonte) e sull’azienda che rappresenta.

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